2020, 2021: gli anni decisivi per la trasformazione digitale nel Pharma

Quello del pharma è uno dei settori a maggiore impatto sulle persone e sulla società, che nel 2020 ha conosciuto un’accelerazione e una trasformazione digitale senza precedenti. E il 2021 non sarà certo da meno.

Ho avuto la fortuna di viverla in prima persona, come consulente indipendente prima e ora con il dream team di content e brand consulting in GreatPixel: siamo in effetti sempre più impegnati in progetti per accompagnare i clienti pharma verso una transazione così importante. Tanta formazione nelle corporate academy aziendali e gli speech durante MEMO 2.0 20 (Merck Oncology Meeting Emotional Experience) e la Digital Diabetes Academy mi hanno poi permesso di aggiungere contenuti e stimoli rispetto alle riflessioni.

Nel tempo, ho poi affiancato l’interesse lavorativo per il tema con quello personale: quello della salute è un tema affascinante, legato a doppio filo alla nostra vita, e il settore sta risolvendo un ritardo digitale abbastanza impressionante con un’altrettanto impressionante reattività e dedizione.

Ho deciso dunque di scrivere una serie di articoli legati proprio alla healthcare & pharma transformation, che spero potranno essere utili ad altri colleghi. In questo primo post parlo della nuova relazione tra pazienti e specialisti della salute (HCP, healthcare professional), mentre nei prossimi toccherò altri elementi.

Una trasformazione guidata dal paziente

Lo chiamano darwinismo digitale e succede quando persone e tecnologia vanno talmente veloci, da non lasciare scampo alle aziende. Solo le più virtuose e adatte al cambiamento continueranno a fare business e a prosperare, mentre per tutte le altre il declino sarà imminente.

Ecco: proprio il darwinismo digitale sta trainando il settore pharma, soprattutto negli ultimi mesi. Una ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano sulla rivoluzione connected care rispetto a un campione italiano di dirigenti di strutture sanitarie e professionisti della salute parla chiaro.

  • La pandemia ha accelerato l’utilizzo di internet da parte dei cittadini, per informarsi sulla propria salute, ma anche dei medici, che fanno sempre più ricorso per esempio alla telemedicina nell’interazione con il paziente.
  • Sia gli specialisti che i medici generici iniziano a riflettere sull’utilizzo della tecnologia – in particolare di chatbot e di app – per il monitoraggio (anche a scopo preventivo) della salute dei pazienti. Alcuni consigliano esplicitamente l’uso di specifiche soluzioni, in particolare per migliorare l’attività fisica, monitorare i parametri fisici oppure anche solo ricordare di prendere un farmaco.

Dottor F, Dottor G

In generale l’80% degli utenti che fanno uso di social media è alla ricerca attiva di informazioni sulla salute; un numero che in Italia sale all’88% secondo le statistiche 2017 di AIOM. Stando a Google Health (e io mi fido 😉 ), il 7% circa delle ricerche giornaliere su Google riguarda la salute, equivalenti a 70.000 query per minuto: più di 100 milioni al giorno. E la maggior parte delle parole chiave cercate su Google e che rientrano nel 7% iniziano con la keyword “sintomi”. Una delle categorie di utenti più attive in questo senso è quella dei pazienti affetti da patologie croniche come diabete, cancro e malattie cardiovascolari.

Proprio l’uso del web da parte dei pazienti rappresenta quindi un elemento positivo: Dottor Facebook e Dottor Google permettono infatti di ottenere più informazioni in meno tempo e accelerare alcune fasi del patient journey.

Il patient journey è il ‘viaggio nelle cure’, ossia il percorso che il paziente compie durante il corso di una malattia e il suo trattamento.

Le piattaforme esercitano un’influenza diretta sulla decisione del paziente di orientarsi verso un secondo parere o potenziali alternative terapeutiche. Stimolando però a volte la ricerca ossessiva di malattie tramite la rete, dando vita a un disturbo psicologico chiamato cybercondria – la versione tecnologica dell’ipocondria

D’altra parte, proprio la costante attività per cercare informazioni sulla nostra salute, espone noi e l’HCP a diverse problematiche che hanno il nome di fake news, disinformazione, echo chamber. Una statistica: nel 2020, la Polizia Postale ha riscontrato un aumento 436% di fake news in rete. Scatenando reazioni a catena, diverse tra loro.

  • In giro per il mondo, i dottori continuano a fare appelli perché si eviti di ricorrere alle cure-fai-da-te incrociate online.
  • In Inghilterra, il presidente della Royal Pharmaceutical Society ha espressamente chiesto di non fidarsi delle diagnosi online.
  • In Belgio, è stato trasmesso uno spot in cui si ridicolizza chi ricorre al web per curarsi.

Lo stesso Google ha deciso di mettere un freno a questa pratica, mostrando diagnosi ed eventuali patologie in apposite schede localizzate direttamente all’interno dei risultati di ricerca, e sottolineando allo stesso tempo che in nessun caso queste indicazioni sostituiscono il consulto specialistico e la visita clinica o medica.

In un certo senso, è come se Google cercasse di limitare Google. La funzionalità della nuova modalità di ricerca sul motore tramite sintomi ha un funzionamento semplice:

  • sarà possibile scrivere, per esempio, «male di testa da un lato», per ottenere una lista di patologie connesse, come cefalea, emicrania, raffreddore, sinusite e così via;
  • a corredo di queste schede si troveranno brevi informazioni sulle singole malattie, ma anche consigli per raggiungere un medico con il quale consultarsi sull’eventuale gravità del proprio disturbo.

E i social media?

Un focus particolare lo meritano invece i social media. Nella survey lanciata durante l’edizione digitale di MEMO 2.0 20 (Merck Oncology Meeting Emotional Experience) sulla platea connessa di oncologi italiani, gli stessi hanno confermato essere sempre più social, ma la corretta distanza professionale con il paziente – per esempio, non accettando richieste di connessione o amicizia – rimane un cardine importante per lavorare al meglio.

L’HCP come leader del cambiamento

Cosa fare, di fronte a questa ondata digitale?

Certamente, posso dirti per prima cosa quello che non bisogna fare citando le parole di AIOM.

“I medici assumono un atteggiamento di lesa maestà quando il paziente arriva al loro cospetto con le ipotesi di patologie raccolte su internet, manifestando ironico sarcasmo, ignorando che ormai sono oltre l’88% (dati Censis) gli italiani che cercano la causa dei propri malesseri su internet, il 44% dei quali ritiene che cercare questo tipo di informative in rete sia poco o per niente rischioso, e quasi 1 su 2 si affida ai primi risultati dei motori di ricerca senza accertarsi della veridicità delle fonti.”

Mi trovo invece pienamente d’accordo con le parole contenute in un articolo di Pfizer for Professionals: oggi è proprio il professionista della salute a dover rappresentare una guida per i propri pazienti non solo scientifica ma anche nell’uso delle nuove tecnologie in campo sanitario, e non il contrario.

Se ben utilizzato, il web si rivela un alleato prezioso anche per l’HCP.

  • L’88% dei medici effettua online le proprie ricerche sui farmaci o sui medical device.
  • Facebook è stato utilizzato con successo da gruppi di infermiere inglesi che hanno utilizzato il gruppo Learning Disability Nurse per connettersi tra di loro, condividere le informazioni e discutere idee e approcci pertinenti la loro professione.
  • I video di YouTube sono un metodo eccellente per imparare nuove tecniche o insegnarle ad altri professionisti.
  • Altre piattaforme professionali come LinkedIn e ResearchGate possono diventare luoghi di incontro online per gli operatori sanitari dove imparare dai colleghi, discutere delle sfide in campo clinico e perfino coordinare le interazioni di un team multidisciplinare.

Con l’immagine che propongo sotto legata alla crescente tecnologicizzazione del family doctor, per ora mi fermo qui.

Ma le riflessioni aperte con questo articolo sono solo all’inizio, e le riprenderò nel seguito di questa blog post series.

A proposito, se hai qualche curiosità sul tema e desideri un approfondimento oppure hai in mente un progetto di healthcare transformation, parliamone.