Abbiamo un problema con la Customer Experience 2030: è arrivata.

Fino a pochi mesi fa, c’era un modo utilizzato come standard per indicare il futuro: 2020. Per esempio, un (buon) libro con diverse suggestioni legate all’innovazione nel marketing pubblicato qualche anno fa da EGEA si chiamava e si chiama tutt’ora Marketing 2020. Così come si parla(va) di customer experience 2020 e di tanti altri argomenti. L’aggiunta del tag ‘2020’ era segnale implicito di futuro, di proiezioni, di speculazioni su ciò che sarebbe stato. Serviva per dare prospettiva, respiro, orizzonti. E poi il 2020, ammettiamolo, è un gran bel numero: pulito, rotondo, deciso, pulito. Fantastico per rassicurarci sul futuro, insomma.

E ora? Ora, il 2020 è arrivato. Il futuro è qui, ce ne siamo resi conto soprattutto nelle ultime settimane. Cosa è successo invece alle proiezioni sul futuro? Semplice: l’asticella si è spostata verso un nuovo orizzonte, o meglio verso un nuovo tag: 2030.

Customer Experience 20… 30

E così, sono ripartite le analisi taggate 2030, fondamentali per dare senso al domani ma insidiose proprio nell’utilizzo di questo nuovo numero. Tra i report che ho maggiormente apprezzato c’è quello fatto da Futurum in collaborazione con SAS “Experience 2030”. Perché? Per tanti motivi, a partire dal sottotitolo:

The Future of Customer Experience is… Now!

Hai presente quelle frasi che ti fanno esclamare “finalmente!”. In effetti, per chi si occupa di marketing, innovazione ed esperienza, è chiaro come presente e futuro siano entrambi molto interessanti perché ormai collassati, tesi a fondersi sempre di più. SAS e Futurum lo hanno compreso molto bene attraverso un’analisi su 4.000 consumatori e brand. E – mi ripeto – le settimane difficili che stiamo passando lo confermano: in Italia, pensare a un online lifestyle sarebbe stato difficilmente ipotizzabile anche fino a poche settimane fa. Oggi, è sotto gli occhi di tutti.

Non è più possibile prevedere il domani, perché lo leggiamo con gli occhi di oggi. E non è possibile pensare a oggi, se non come anticipazione di ciò che sarà domani.

E allora, in questo futuro sempre più prossimo, che cosa accadrà?

Le 3 sfide che i Customer Experience Officer non possono più ignorare

Stanno già accadendo un sacco di innovazioni accomunate da un unico fil rouge: marketing, experience, analytics, tecnologia andranno a fondersi sempre di più, fino a diventare un unico paradigma di progettazione e di management.

Non ci credi? Ecco 3 sfide importanti che tutti i Customer Experience Officer non possono davvero più ignorare.

1 • Dal journey delle persone, al journey per le persone

Come sappiamo, uno dei modi per dare concretezza alla customer experience è disegnarla nei percorsi che clienti e consumatori vivono mentre incontrano l’azienda o il brand. Si chiama customer journey e le ricerche di McKinsey, Altimeter e Brian Solis hanno sottolineato ormai da alcuni anni il passaggio verso customer journey social, dinamici e dunque ingestibili per le aziende a causa della moltitudine di touch point, di clienti sempre meno fidelizzati e del mindset aziendale sbagliato.

Non stavamo disegnando per le persone e le loro emozioni. Stavamo disegnando e investendo in funzione di ciò che pensavamo volessero le persone, seguendo un approccio inside-out. Da dentro (management), a fuori (mercato).

Faccio mia e riassumo una frase del report di Futurum e SAS: la customer experience di domani, sta solo a noi, oggi. Con la forza degli analytics abbiamo infatti la possibilità di comprendere in profondità le nostre persone, confezionando le migliori esperienze per loro. Qualunque cosa la parola ‘migliore’ voglia dire, per loro.

2 • Dal content marketing, al context marketing

Nel mondo digitalizzato, le esperienze prendono la forma di contenuti come social post, social stories, tweet, thread di forum, video, immagini, query e altri comandi, recensioni e stelline. Uno dei mantra del marketing digitale vede negli user-generated content – i contenuti generati in continuazione dagli utenti e condivisi nei diversi spazi di comunicazione e interazione a disposizione – una potente leva di customer engagement. Sappiamo infatti che lo user-generated marketing (per intenderci, il consiglio spassionato di un/a collega per un prodotto) è molto più potente di qualsiasi contenuto di marca.

Quello che analytics e strategie focalizzate sull’uso ottimale del dato mettono allo scoperto, è un nuovo modo di produrre e condividere contenuti. Nuovi touch point – l’analisi Futurum / SAS ha individuato AI assistant, AR, VR, tecnologie olografiche – e nuovi modi di generare contenuti dinamici, AI-driven e data-driven.

Grazie a digital analytics e business analytics, dunque, il marketing attraverso i contenuti diventa contestuale: la comprensione e all’anticipazione del contesto di clienti, consumatori e business partner rende possibile così deliziarli, anticiparli, sorprenderli.

3 • Dai touch point, ai trust point

Già, il contesto. Conoscerlo è di grande valore, ma occorre stare attenti alle tante insidie legate alla privacy e alla tutela del dato che lo abilita.

L’edizione 2020 del Trust Barometer, il report che l’agenzia di relazioni pubbliche Edelman dedica annualmente alla misurazione della fiducia, riporta alcuni risultati per me impressionanti. Su tutti, l’attesa dei consumatori che i brand agiscano e prendano posizione rispetto ai grandi temi che stanno coinvolgendo – o meglio, sconvolgendo – la società e la terra.

Una novità bellissima, nonché una grande opportunità per le aziende e i business in un momento dove la reputazione di politica e istituzioni è ai minimi di sempre. Allo stesso tempo, come mi ha recentemente fatto notare il CIO di illimity Filipe Teixeira in un webinar che ci ha visto coinvolti, una sfida di digital trust e cybersecurity impressionante. Se la metà delle persone coinvolte nella survey Futurum / SAS sono disponibili a condividere i propri dati in cambio di valore, attraverso la tecnologia questi dati devono restare in buone mani, ed essere utilizzati per renderle ancora più consapevoli del valore che stanno ottenendo.

Mi ripeto: quando parliamo di customer experience, le interazioni avvengono principalmente tramite i diversi punti di contatto che l’azienda ha progettato e gestisce nei confronti dell’ecosistema connesso. Il problema dei touch point, sta proprio nella credibilità. Amplificati dal digitale, fake news, gossip, storytelling negativi mettono sempre più a dura prova la percezione di affidabilità dei canali. Con il rischio che i touch point si trasformino in un terreno di contro-narrazioni – a volte di vere e proprie battaglie conversazionali – tra persone e aziende. Nel mondo digitalizzato di oggi è difficile giudicare ciò che è autentico, da dove viene l’informazione e chi l’ha eventualmente modificata. La soluzione a questo problema sta nel passaggio da touch point come il discusso Facebook a trust point come la blockchain o altri ‘luoghi’ abilitati dalla tecnologia dove la fiducia può essere co-creata e approfondita. Un discorso valido soprattutto nei settori che soffrono maggiormente a livello reputazionale.

La CX che verrà (e un webinar per parlarne)

Insomma, sembra proprio che il futuro dobbiamo progettarlo oggi. Sappiamo che qualsiasi problema può trasformarsi in happy problem, compreso questo. Abbiamo tutto per farlo e anche il contesto ci forza verso l’innovazione.