Vuoi creare contenuti esplosivi? Prova con gli HyperContent

Il content marketing – ovvero, l’affiancamento alla tradizionale produzione di beni e servizi di un’attività sistematica di creazione, editing e distribuzione di contenuti che avvicina le aziende all’attività delle media company – ha avuto e sta tutt’ora avendo un importante ruolo nella progettazone e dell’erogazione di esperienze memorabili. A ben pensarci, le stesse esperienze vengono progettate dalle aziende e dalle marche per poi essere veicolate alle diverse audience attraverso i contenuti (content mix) e i canali (channel mix) più adeguati.

Tale visione è stata confermata da Robert Rose e Carla Johnson, i quali hanno recentemente introdotto il tema delle esperienze abilitate dal contenuto (content-driven experience). Secondo la prospettiva appena introdotta, il content marketing si pone nell’importante ruolo di principale abilitatore del carico esperienziale progettato e proposto dalle organizzazioni verso i propri pubblici.

Il legame tra content marketing ed esperienza è dunque saldo e forte, e i media digitali pongono nuove sfide. Il motivo è chiaro.

[…] se per condividere un’esperienza nella narrazione orale venivano adoperate essenzialmente la parola e la capacità oratoria, sul web è necessario sviluppare e valorizzare contenuti competitivi e di qualità: pensiamo alla rapida ascesa delle infografiche, o ancora alla produzione di contenuti complessi come i white paper.

Quali caratteristiche devono avere i contenuti digitali al fine di abilitare CX rilevanti?

In uno sviluppo del tema alla base del libro “Content Evolution, la Nuova Era del Marketing Digitale” scritto nel 2015 insieme a Francesco Gavatorta per l’Editore FrancoAngeli, abbiamo introdotto il tema degli HyperContent.

Gli HyperContent sono tutti quei contenuti che non rientrano in una determinata forma definita e “preconfezionata” dal professionista di content design indipendentemente dalle peculiarità del fruitore finale, ma che trovano piuttosto senso e compimento anche nella relazione che si instaura con lo spazio e il tempo circostante, ovvero con il contesto esperienziale hic et nunc in cui l’utente è calato. Contenuti, certo: ma che nascono prima di tutto dall’esperienza personale, risultando pertanto amplificati nella forma.

Grazie all’impatto dei media digitali – smartphone in primis – e all’attività dell’utente, tempo e spazio diventano dunque tra le variabili generative di una nuova forma di contenuto. Sempre insieme a Francesco abbiamo anche definito la formula utile alla progettazione di HyperContent, composta dai tre elementi.

  1. Spazio/tempo: la prima condizione vincolante per la creazione di HyperContents consiste nella considerazione della dimensione spazio/temporale dell’utente, come ad esempio il passaggio dello stesso all’interno di un determinato luogo e/o durante una specifica fascia oraria (una strada, una piazza o un negozio in pieno giorno o nottetempo). In particolare, l’accento deve essere posto sulla ri-modellazione della fruizione dell’esperienza in funzione del profilo personale, effettuabile solo a condizione che lo strumento con cui la stessa persona si connette e le logiche immersive di progettazione della narrazione di marca permettano l’interazione con la dimensione esperienziale più personale.
  2. Device: la formula ribadisce inoltre come il device – in particolare quello mobile – funga da variabile indispensabile, vera e propria leva propulsiva della narrazione di marca. Se veicolate da dispositivi mobile, anche le più semplici call-to-action risultano immediate e limitate nel tempo, nonché relazionate con molte altre dimensioni strettamente legate al tempo e al luogo di fruizione.
  3. Attività dell’utente: termine con cui è intesa l’azione-obiettivo attraverso cui il brand e l’azienda desiderano “attivare” il singolo individuo.

Già da questi primi elementi risulta chiaro come, nella prospettiva degli HyperContent, l’esperienza diventi contenuto.

Trovando reale compimento nel contatto e nell’intreccio con l’esperienza delle persone, gli stessi HyperContents rendono inoltre l’utente protagonista anche nelle fasi tipiche del content marketing di creazione, produzione, distribuzione e consumo di contenuti digitali aziendali. Alle persone è data la possibilità di determinare, e la loro dimensione esperienziale si palesa in contenuto al di là di qualsiasi supremazia narrativa imposta dalla marca.

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Un esempio: Pokémon Go

Per concludere con un esempio, riporto l’analisi contenuta in un articolo pubblicato su LinkedIn Pulse il 20 luglio 2016 da Francesco relativamente a Pokémon Go, applicazione che ha conosciuto un picco di visibilità tra la primavera e l’estate del 2016 dove spazio/tempo, device e attività dell’utente sono proprio gli ingredienti fondamentali che l’hanno resa un fenomeno rilevante.

L’app permette al giocatore di catturare Pokémon esplorando luoghi reali attraverso la realtà aumentata. Essa interagisce dunque con gli spostamenti della persona accompagnandola ovunque e garantendo così la possibilità di giocare senza limiti.

Non è sbagliato affermare che tempo e spazio, se uniti alla rete grazie all’ausilio dei media digitali e all’attività degli individui, generano una nuova forma di contenuto immersivo e personalizzato, unico nel suo genere: un HyperContent, appunto.

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