PIG, acronimo di Pain is Good, è il nome curioso dato da Sampson Lee a una nuova prospettiva progettuale di customer experience da lui stesso lanciata e formalizzata nel 2014 all’interno di “PIG (Pain Is Good) Strategy: Make Customer Centricity Obsolete and Start a Resource Revolution”.
Strategia PIG: di cosa sto parlando?
Il modello di progettazione strategica di esperienze per marche e aziende proposto si fonda su quello che apparentemente sembra un paradosso: ovvero, sull’idea che provocare insoddisfazione e altre emozioni negative al consumatore dell’esperienza sia fondamentale al fine di lasciare nella persona un ricordo indelebile dell’esperienza stessa. Nei loro studi, psicologi come Daniel Kahneman hanno suggerito che gli esseri umani ricordano solo due momenti di qualsiasi esperienza; il picco positivo e il momento finale,
Leggendo questa dinamica dalla prospettiva aziendale, secondo Lee appare evidente che lo sforzo di marche e organizzazioni di rendere indimenticabile e denso di emozioni positive qualsiasi momento che compone l’esperienza, è sia inefficace (in fin dei conti, tale sforzo è reso per la maggior parte inutile dal ricordo selettivo appena citato) che inefficiente (perseverare nella customer excellence costa).
Il paradigma della Resource Revolution contenuto nell’approccio PIG suggerisce piuttosto di focalizzare gli sforzi solo sui due momenti importanti dell’esperienza, aprendo per tutti gli altri la possibilità che le aziende possano non soddisfare e in qualche modo provocare disagi ed emozioni negative (comunque limitate e tali da non causare rotture o crisi) alle persone.
Secondo Lee, la Resource Revolution applicata alla CX permette di ottenere risultati apprezzabili a costi più contenuti e sostenibili. Ma su quali variabili esperienziali è possibile per un brand o un’azienda generare insoddisfazione e fastidio?
La risposta sta in una totale focalizzazione su quelle più importanti – perché distintive e differenzianti – per la marca stessa. Tutte le altre dimensioni o non risultano rilevanti nemmeno per l’audience (unnecessary pain), oppure sono rilevanti per quest’ultima ma, poiché non centrali per l’organizzazione, provocano elevati livelli di consumo di risorse in quanto diventano teatro di competizione con tutti gli altri concorrenti (good pain). Al contrario, le dimensioni esperienziali importanti per il consumatore e fondamentali / idiosincratiche per l’azienda (branded pleasure) sono quelle su cui quest’ultima deve eccellere e battere i competitor.
ASK Italian, Mediaworld e Apple: chi applica meglio la Strategia PIG della Customer Experience?
Per la catena britannica di ristoranti ASK Italian, la possibilità dei clienti di trovare parcheggio con semplicità rientra nei good pain: si tratta infatti di un elemento di ampia rilevanza per questi ultimi, ma di cui la società – quasi sempre posizionata con i propri ristoranti nel centro delle grandi città turistiche inglesi – non si cura: al contrario, viene prestata attenzione alla qualità del servizio e del cibo proposto.
Così fa Mediaworld in relazione alla qualità del servizio offerto dal personale del punto vendita (almeno in base alle esperienze negative costantemente vissute da uno degli autori), poiché la reale dimensione su cui eccellere è da sempre quella della convenienza.
Apple resiste alle critiche dei tanti che ne soffrono ancora l’incompatibilità con gli altri sistemi, mentre è ineguagliabile nell’esperienza in store, nel supporto al cliente e nel design dei propri prodotti. Sui media digitali, un’azienda riconosciuta per il suo potenziale di storia potrebbe scegliere di non sviluppare un’app per soddisfare il cliente sempre in mobilità, prediligendo che sia quest’ultimo a sfidare la visualizzazione del sito non responsivo da smartphone e garantendo al contempo un’incredibile scelta di prodotti di alta qualità. Tali esempi mostrano chiaramente come, in un contesto di risorse scarse, il punto non sia tanto quello di provocare un’emozione negativa al cliente, ma piuttosto di scegliere quale – facendo lo stesso con i sentimenti positivi. Al contrario, cercare livelli eccellenti su tutte le possibili dimensioni che potrebbero caratterizzare l’esperienza erogata rischia solo di diluire le risorse organizzative.
Cercare di raggiungere l’eccellenza porta a esperienze non memorabili a causa del tentativo di performare bene in tutti gli aspetti della CX. Essere customer-centric non vi rende diversi dai concorrenti – ciascuno cerca di soddisfare la maggior parte dei punti critici dei clienti. Diluire le proprie risorse nel tentativo di un miglioramento continuo indebolisce i vostri vantaggi comparativi e vi rende soggetti a imitazioni dai competitor. Tali approcci convenzionali non sono la soluzione ai vostri problemi, ma rappresentano il problema.
Che possa convincere o meno, la prospettiva PIG ha il pregio di proporre un pensiero sincero, fondato sul fatto che, indipendentemente dalla indubbia volontà di eccellere a 360 gradi, marche e aziende agiscono in uno scenario di risorse scarse che costringe da sempre a fare scelte strategiche non necessariamente inclusive rispetto al totale dell’audience.